Ci fu la volta che il re degli dei si invaghì di Ganimede, un ragazzo
frigio. Allora Zeus decise di mutarsi in un essere diverso da quello che lui era
... un uccello. Fra tutti trovò più degno quello in grado di portare i suoi
fulmini.
Detto fatto, battendo l'aria con penne menzoniere, rapì il giovane
della stirpe d'Ilo che ancora adesso gli riempie la coppa e gli serve il nèttare ... malgrado la stizza di Giunone.
Rex superum Phrygii quondam Ganymedis amore
arsit, et inventum est aliquid, quod Iuppiter esse,
quam quod erat, mallet. Nulla tamen alite verti
dignatur, nisi qua posset sua fulmina ferre.
Nec mora, percusso mendacibus aere pennis
abripit Iliaden, qui nunc quoque pocula miscet
invitaque Iovi nectare Iunone ministrat
Ovidio, Metamorfosi, libro X, versi 155-161